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Trento, 7 aprile 2006
«ERRARE HUMANUM EST, PERSEVERARE DIABOLICUM»
di Marco Boato
da l’Adige di sabato 8 aprile 2006

È universalmente noto il motto latino che recita “Errare humanum est, perseverare diabolicum”.

Mi pare questo il caso del lettore roveretano che, prima, mi accusa di non rispondere ai quesiti sollevati da altri e forse di non leggere “L'Adige”, poi mi chiede di rispondere “possibilmente prima di domenica prossima” (giorno delle elezioni politiche) e ora, dopo la mia risposta comparsa su “l'Adige” di giovedì 6 aprile 2006, ritorna alla carica in prima persona.

Questa ulteriore lettera, i cui toni evito di commentare per rispetto ai lettori del giornale, compare venerdì 7 aprile, all'ultimo giorno della campagna elettorale e mi costringe a portar via un po' di tempo agli altri impegni, per rispondere tempestivamente “prima di domenica prossima”.

Per non portar via troppo tempo e chi legge e troppo spazio al giornale, che pure pare molto interessato al riguardo, mi limito a rispondere “per punti” alle nuove “contestazioni”, senza tornare sugli argomenti già affrontati in precedenza.

1. È totalmente falso (anche se qualcuno continua a scriverlo qua e là e qualcun altro ricicla senza verificare) che la Commissione bicamerale sulle riforme costituzionali presieduta da D'Alema non dovesse e non potesse interessarsi di giustizia. La legge costituzionale istitutiva della Bicamerale prevedeva (come già analogamente nel 1992 per la Bicamerale De Mita – Iotti) il compito di riformare “l'intera seconda parte della Costituzione”, e in particolare faceva riferimento a “forma di Stato, forma di Governo, bicameralismo e sistema delle garanzie”. Come si studia alle scuole medie nelle lezioni di educazione civica, la seconda parte della Costituzione riguarda l' ”Ordinamento della Repubblica” e il titolo IV riguarda “La Magistratura”. Per verificarlo basta andarsi a rileggere la Costituzione e la legge costituzionale istitutiva della Bicamerale, votata del resto quasi all'unanimità del Parlamento.

2. È totalmente falso che la norma costituzionale, contenuta nell'art.101, secondo comma - “I giudici sono soggetti soltanto alla legge” - riguardi “sia i requirenti, sia i giudicanti”. I “requirenti” non sono “giudici”, ma magistrati del pubblico ministero, e di loro si occupa in particolare l'art. 107, quarto comma, della Costituzione.

3. Il riferimento alle “norme sull'ordinamento giudiziario”, per quanto riguarda i Pubblici ministeri, non è stato introdotto da me, ma dall'Assemblea Costituente del 1947 nella Costituzione in vigore (tuttora) dal 1° gennaio 1948, cioè da 58 anni, e comunque da quando io avevo tre anni e mezzo, e non mi occupavo ancora di giustizia (sal per la equa distribuzione delle caramelle in famiglia fra noi cinque fratelli).

4. L'art. 107, quarto comma della Costituzione, dunque, recita testualmente: “Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario”. Il mio testo in Bicamerale, dunque, riproduceva testualmente l'attuale art. 101, secondo comma e l'attuale art. 107, quarto comma, ma AGGIUNGEVA che i magistrati del pubblico ministero “SONO INDIPENDENTI DA OGNI POTERE”, cioè una garanzia di indipendenza IN PIù (e da qualcuno ritenuta “troppo forte”) rispetto alla attuale Costituzione.

5. Che la Magistratura costituisca “un ordine” non l'ho inventato io, ma c'è scritto, dal 1° gennaio 1948, nel primo comma dell'art. 104 della Costituzione.

Forse, anziché qualche “pamphlet” di seconda mano, basterebbe leggere la Costituzione vigente e, per il resto, consultare direttamente gli atti parlamentari, accessibili a tutti, come mi ero permesso sommessamente di suggerire.

Mi fermo qui. Il resto riguarderebbe una più vasta riflessione sul “giustizialismo di sinistra” (non meno pericoloso del giustizialismo di destra, come avevo già ricordato) e sul suo modo di manipolare l'informazione. Ma forse a questo punto, lette le mie precisazioni, il giudizio resta solo ai pazienti lettori, possibilmente con la Costituzione alla mano e con l'animo sgombro da pregiudizi.

Poiché siamo ormai davvero arrivati alla vigilia, rinnovo il mio più cordiale augurio di buon voto a tutti.

Marco Boato

 

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